Tato che tira il guinzaglio, io mi rassegno a lasciarlo libero per un po’.
E lui cammina, corricchia, ma se lo chiamo torna immediatamente da me. Ha il muso sorridente e lo capisco: è un momento bellissimo.
I francesi chiamano il tramonto “coucher du soleil”, e capisco ora perfettamente cosa intendano, mentre il sole si stiracchia tra il verde argenteo degli ulivi salentini.
Il cielo si tinge di rosa, l’aria è tiepida e profuma di sterpaglie bruciate e caffè tostato.
I muretti che corrono a destra e sinistra sono a secco, proprio come la terra calda e le nostre gole dopo un’ora passata a camminare in campagna.
Ho corso, amato e goduto del Lungoticino per tutta la primavera, ma adesso, forse per banale campanilismo, guardo la mia terra, le zolle arse e aride di cui noi terroni siamo irrimediabilmente innamorati, e provo per un attimo quella sensazione di smarrimento e assoluta bellezza che alcuni sperimentano davanti alle più belle opere d’arte.