Perdoname madre por mi vida choosy

Perdoname madre por mi vida choosy

Premessa, breve ma necessaria: avevo scritto questo post un paio di settimane fa, lo dico perché c’è un riferimento che al momento sembrerebbe altrimenti campato in aria.
Tuttavia mi sono ritrovata a discutere delle stesse identiche robe qualche giorno fa, a casa di amici, e il mio atteggiamento non è cambiato di una virgola.
Mi spiace di pubblicarlo in ritardo, ma ci tenevo davvero tanto a farlo.

Ci sono degli argomenti di cui ritengo spesso e volentieri di non avere le competenze o i diritti per parlare. Non riesco ad andare oltre un livello piuttosto superficiale quando si parla di politica, non per pigrizia ma perché non mi sento abbastanza preparata, e dubito di avere delle conoscenze storiche all’altezza.
Non mi sentirete mai dire che un DJ è meglio di un altro, e nel caso in cui mi sentiste dirlo vi prego ricoveratemi in psichiatria o ridetemi in faccia con gusto: non che la discoteca non mi piaccia, ma la assumo in dosi così minime da essere pressoché analfabeta in materia (in compenso se voleste essere consigliati su DJ e discoteche posso indirizzarvi dalla mia migliore amica, giurista discotecara di professione).

Normalmente è anche piuttosto raro che parli del valore della laurea e degli studi universitari, perché il mio curriculum accademico non è dei più brillanti: una media altina tutto sommato, ma sono fuoricorso di un anno abbondante e in questi anni ho avuto i momenti in cui ho lasciato che i lavoretti saltuari mi togliessero tempo allo studio, nonché quelli in cui credevo di aver perso l’amore per le materie che studio o quantomeno la motivazione per studiarle con impegno.
Chi legge il mio blog lo sa: ho avuto anche qualche piccolo problema di natura psicologica, avevo guadagnato un numero imprecisato di chili successivamente perso tra diete equilibrate e non, zumba, jogging e preghiere al Santo protettore delle soubrette (Sans Coulotte), e non sempre sono riuscita a scindere la vita personale da quella universitaria.

Se però non ho mai deciso di mollare e, che ne so, imparare un mestiere e farla finita con l’università, è perché delle materie che studio sono di fatto innamorata, le trovo niente affatto inutili o futili,  e ogni volta che riesco a padroneggiarne una branca mi sento felice e appagata come quando al liceo traducevo le prime versioni, tutte piene di vocaboli della prima declinazione, e poi scoprivo di non aver fatto neanche un errore o di averne fatti giusto un paio.

E dirò di più: da quando studio Lettere Classiche all’Università, pur con tutti i miei manifesti e conclamati limiti, ho sempre più riscontri sull’utilità e la versatilità delle materie umanistiche, specialmente in un Paese come l’Italia, con un patrimonio artistico che dubito abbia eguali al mondo.

Abitiamo in un Paese in cui a scavare venti centimetri di terreno per piantare le begonie rischiamo di trovare la toga di Cicerone o l’astuccio delle matite di Seneca (so che è storicamente inesatto, non me ne abbiano i puntigliosi) ma i miei amici che hanno scelto il percorso archeologico per passione sono scoraggiati, tentati di abbandonare tutto per darsi all’ippica e la metà degli scavi archeologici dev’essere abbandonata per mancanza di fondi.

Ciò detto, qual è l’obiettivo del mio discorso?
Il Matteone (Salvini) nazionale ha scritto sulla sua pagina Facebook che lui ha quotidianamente a che fare con imprenditori che come titolo di studio hanno solo la terza media e che ciononostante avevano messo su imprese un tempo floride, distrutte oggi da persone “con tripla laurea e doppio master” (cit. testuale).
La conclusione del suo discorso è che l’euro è una moneta vergognosa ecc. ecc.

Non entro nel merito né dal punto di vista economico né dal punto di vista politico, perché come già detto sopra non mi sento all’altezza di discorrere di questi argomenti.
Però mi sono ritrovata a discutere con una signora che, a tal proposito, sosteneva che spesso e volentieri i laureati sono persone incompetenti e senza inventiva, che il bisogno aguzza l’ingegno e che noi italiani non siamo poi così furbi, perché grazie al paesaggio e al patrimonio artistico che abbiamo dovremmo poter vivere quasi esclusivamente di turismo, senza alcun bisogno di lauree.

Ora, la signora in questione ha poi spiegato, in seguito alle ire furibonde di molti altri utenti, di non essere in assoluto contraria alle lauree, ma di ritenere che spesso i laureati manchino di spirito di adattamento e inventiva e di sostenere che chiunque, con qualsiasi grado di istruzione, può contribuire attivamente e positivamente alla vita di società.
Non polemizzo sullo spirito di adattamento degli universitari, io che studio Erodoto ma non ho disdegnato di lavorare in un negozio di scarpe, né all’occorrenza di dare una mano a mia madre in gastronomia, né tanto meno di dare ripetizioni ad adolescenti che alle volte hanno solleticato i miei nervi fino a sfiorare la tragedia; e come me migliaia di miei colleghi, che vedo tutti molto attivi e niente affatto “choosy”, come qualcuno ebbe a definirci tempo fa.

Discuto però su questo svilimento dei titoli di studio in Italia, in cui se non hai un pezzo di carta in mano non sei nessuno però guai ad averne troppi che poi rischi di essere troppo abilitato e a vendere magliette non ti ci vogliono che hai troppe competenze e Dio ce ne scampi e liberi.
D’altronde è pure giusto che se una persona si laurea in Beni Culturali desideri trovare lavoro nel suo settore, e non riparare sifoni nei bagni altrui, per quanto l’idraulico sia indiscutibilmente un lavoro utile e indispensabile: insomma, nessuno vuole svilire i sempreverdi mestieri, ma permettete che un laureato in una determinata area voglia mettere a frutto i propri studi?

Noi giovani lo sappiamo, lo sappiamo benissimo di abitare in un paese che può vantare tra i suoi più illustri abitanti i padri, i nonni e i bisnonni della cultura e dell’arte occidentale, ma come sperate che possiamo mettere a frutto questo straordinario patrimonio se chi studia queste materie è spesso e volentieri additato come fannullone, se Storia dell’Arte al liceo è considerata comunemente una materia pressoché inutile, se nei musei si privilegiano guide non laureate per sottopagarle o chiedere loro di lavorare pro bono per puro amore dell’arte? Tanto amore per Raffaello eh, ma ‘ste pore guide dei musei dovranno pur mangiare in qualche modo, o vogliamo che si nutrano di Sindromi di Stendhal?

E perché mai si ritiene spocchiosa una persona che vuole lavorare nel proprio ambito di competenza? Cioè, mi state dicendo che mia sorella ha intrapreso un percorso che le darà la laurea in Medicina e Chirurgia in “appena” sei anni per poi sentirsi dire un giorno che se pretende di operare la gente è troppo “choosy”?
Sono consapevole di aver citato un paradosso, ma temo di non allontanarmi neanche troppo dalla realtà.

Ma dove cavolo vogliamo andare se la nostra classe politica e dirigente ci fa passare il messaggio che non è importante farsi il mazzo ma giocare, come direbbe mio padre, a “futti compagno”? Non sarebbe meglio comunicare che siamo TUTTI validi, tutti, da quello che sbuccia le patate nella cucina del più sperduto ristorante in un paesino tra i monti dell’Abruzzo al dottore che salva vite umane in un ospedale ultraspecializzato di Roma?

Tutti. Che ci crediate o no, anche quei pirla di noi umanisti.

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