Due persone sbagliate

Due persone sbagliate

Scusate. Scusate scusate! 
Mi duole constatare che mi è partita la vena romantica
quindi propongo questo racconto
breve che scrissi un po’ di tempo fa.
Prometto che nel prossimo post tornerò
ad essere la solita rompiscatole che dice “minchia” ogni tre parole
e si lamenta di tutto e di tutti.
Per ora intristitevi anche voi con me!

 

Dopo quella sera, decisero che bastava. Tante volte si erano graffiati il cuore, avevano urlato che era l’ultima, si erano allontanati senza mai andarsene davvero.

Poi, in quel momento, presero la piena consapevolezza che era davvero il momento di dirsi addio.

E se lo dissero con calma, senza lacrime negli occhi, i cuori freddi come marmo.

Capirono che non era più un arrivederci.

Conobbero altra gente, cominciarono una nuova vita, si costruirono delle maschere diverse, si legarono ad altre persone.

Da quel giorno cercarono spesso lo sguardo dell’altro nella folla, da lontano si annusarono, un po’ si percepirono, arrivarono a sfiorarsi una volta, in una piazza affollata, ma non si riconobbero davvero.

Restò sempre il dubbio di aver incrociato una persona diversa, un’ombra di chi erano un tempo, le sembianze simili, i pensieri di un estraneo.

E seppero solo allora che non esistono persone giuste al momento sbagliato: al massimo, nel loro caso, c’erano state due persone sbagliate in tanti momenti terribilmente giusti.

A te che sei il mio paparino ed il mio rinopapa

A te che sei il mio paparino ed il mio rinopapa

Mio padre ha un viso di una dolcezza unica. Ha dei tratti delicati, perché nulla in lui è scortese, perfino il naso è piccolo, le labbra sottili, gli occhi espressivi. E, giusto per non dare troppo nell’occhio, i capelli hanno deciso di abbandonarlo già parecchi anni fa (per dire, guardando una foto del loro viaggio di nozze un mio vecchio… amico disse che papà somigliava a Gigi D’Alessio, poveraccio).

Papà non è alto ma non è nemmeno un nanetto. E’ solo piccolo, così è più facile volergli bene.
Ha i polsi e le caviglie sottili e non ingrassa mai, e questo fa infuriare le sue tre donne, che da anni lo osservano fare “la scarpetta” e sfoggiare delle gambe da stambecco. 
E’ sempre vestito bene, un po’ perché ha un’eleganza innata, un po’ perché la mamma fa shopping per lui. 

Io sono l’unica in grado di farlo arrabbiare, perché sono una testa dura e un’indisponente, altrimenti arrabbiarsi non rientra nelle sue capacità, sarà per questo che anche gli altri trovano difficile avercela con lui, e Niko lo adora. Mi ricordo ancora di quella volta in cui papà aveva parcheggiato male la macchina, e quando un signore chiese con estrema grazia “chi fosse il coglione che aveva parcheggiato così”, rischiò il linciaggio: Niko subito si alterò e gli gridò contro “non ti permettere, quella è machina di ingeNIEre, è una brava persona!”.

Come ogni bambina, anch’io da piccola volevo sposarlo. Questo sarebbe ancora normale se a volte non fossi tentata di sposarlo ancora oggi. Perché gli uomini come lui sono rari, e me lo dicono veramente tutti. Me lo dice la mamma, me lo dicono le nonne, me lo dicono le amiche, me lo dice chiunque lo conosca.
A volte dicono “è un uomo d’altri tempi”, ma io non sono d’accordo. Perché gli uomini d’altri tempi saranno anche stati dei cavalieri, ma non lavavano i piatti quando la moglie era stanca, non lavoravano in giro per casa, non portavano ogni mattina il caffè a letto a moglie e figlie, e certamente si ritenevano i capo-famiglia. Ma papà non è il capo-famiglia, perché a casa mia un capo-famiglia non c’è, siamo tutti pirla allo stesso modo.

Papà mi ha insegnato a guidare la bicicletta e la macchina (anche se ancora la patente non l’ho presa), e si è stupito quando non ho fatto spegnere l’auto il primo giorno in cui ha iniziato a darmi lezioni. E poi ha afferrato in un nanosecondo il volante quando alla mia prima retromarcia ho rischiato di uscire dalla strada e finire tra le cicorie. E quando ci ha tratti in salvo, rideva. Io invece, ça va sans dire, avevo già pianto tutte le mie lacrime. 
Perché papà è così: lui non si scompone, ride. Ride quando succede un imprevisto, ride quando io e lui prendiamo in giro mia sorella, ride quando lavora con i suoi colleghi e ride quando la mamma si stizzisce se lui le dà risposte sceme. 

Ogni tanto litighiamo ma fare pace è semplice: basta una battuta delle nostre, un gioco di parole, un’allusione e tutto torna com’era. Poi a volte parliamo seriamente con una tranquillità che mi appartiene solo quando sono con lui, mi racconta che la pigrizia l’ho ereditata da lui, come anche la disorganizzazione e il disordine, e poi mi consola perché se lui ce l’ha fatta a vincere i suoi difetti lo posso fare anch’io.

Non è un padre di quelli che vantano sempre la bellezza delle proprie figlie, ma le rare volte in cui lo fa ha la commozione negli occhi, glielo si può leggere chiaramente che ciò che dice lo pensa davvero. Solo che non sempre riesce a esprimerlo a parole, e allora vedi che il suo cuore, pur così grande, è diventato improvvisamente troppo stretto per contenere tutto ciò che prova: ha bisogno di esternare qualcosa, ma le sue parole non sono mai troppe, compensa il sorriso.

Perfino con i figli degli altri è un bravo papà: se non mi credete guardate le foto che gli hanno scattato in barca mentre gioca con i figlioletti dei suoi soci (età media: 5 anni), che gli si arrampicano addosso come tante scimmiette e ridono di ogni sua smorfia. E mi ricordo ancora di quando gli si fermò la macchina a metà del tragitto tra Roma e Lecce, in viaggio con lui c’erano due ragazzi che forse non avevano ancora vent’anni. 
Lui avvertì la mamma, aspetto con serenità il carro attrezzi e poi tornò più stanco che mai mentre noi eravamo lì in agitazione. Lo accogliemmo con un cartello “Bentornato angelo!”, e lui rispose semplicemente “Io mi chiamo Guglielmo, mica Angelo!”. 

E invece lui è il Mio angelo. 

Questo non è un post per la festa del papà, quanto piuttosto la “conseguenza” della festa del papà. Per ricordarlo, anche se a distanza, guardavo una nostra foto nel giardino di casa, e ancora una volta mi ha colpito il suo viso.
Te lo dico meno di quanto vorrei, ma tanto tu sai che è la pura verità: ti voglio un bene infinito Testa di Boccia.

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Oggi sono io

Oggi sono io

Mi sono spiata illudermi e fallire, abortire i figli come i sogni.

Quanto è dolce il sapore di sapere che sei caduto ma ancora per un po’ non sarai obbligato ad alzarti. A me la notte piace per quello: ti rassicura. Anche se sei un fallimento totale, anche se indossi una felpa vecchia e logora e hai i capelli sporchi e gli occhiali e i brufoli, non devi renderne conto a nessuno.

Nelle narici ho l’odore del tè con il latte, dei biscotti del discount che costano meno, delle mie dita protette dalla crema profumata e dal fumo di una sigaretta fa, la lavanda copre ogni cosa, il sapore amaro della valeriana scende giù con il sorso di tè bollente che mi ustiona la gola e dà sollievo.

Questa notte è maledettamente orrenda e romantica, così solitaria e così liberatoria, questa notte è vita e pausa dalla vita, questa notte non sono costretta a dormire, questa notte sono io.

Se solo ci fosse una notte già confezionata, pronta ad accogliermi ogni volta che ricevo uno schiaffo morale, non sarei così triste. Sarebbe bello, vero? Il tuo ragazzo ti confessa di averti tradita e tu, PUF! ti ritrovi in pigiama con una tazza di tè tra le mani. La tua amica ti esclude dal pranzo dietetico tra fighettine e tu, SBENG! sei nel chiuso della tua camera, è già mezzanotte e hai addosso la felpa lercia del viaggio a Praga. Quando invece la prof ti umilia davanti a tutti gli studenti del tuo corso, puoi pur sempre chiudere gli occhi e ritrovarti sul balcone a fumare una sigaretta sotto la pioggerellina.

È che la notte ti solleva da ogni responsabilità: sì, domani dovrai migliorare, ma fintanto che la notte dura nessuno pretende che tu dia il meglio di te. Può succedere di tutto durante la giornata, ma quelle cinque, sei, sette… otto ore di sonno potrai averle sempre.

Avrei solo bisogno di più dolci notti per dare equilibrio all’amarezza dei giorni imperfetti.