La compagnia del pelo

La compagnia del pelo

Trovatemelo. Trovatemi quel criminale che ha inventato la ceretta. Trovatemelo e portatemi la sua testa mozzata su un vassoio d’argento. Secondo me doveva essere come minimo uno sfigato misogino, frustrato e senza vita sessuale, perché altrimenti non mi spiego tutto questo accanimento.
E se dovesse venire fuori che l’inventore della ceretta era in realtà una donna, peggio mi sento: doveva essere o masochista o cretina.

Non so voi come la pensiate, care le mie compagne di pelo, ma a me in quei tragici momenti salta in testa tutto il male che c’è nel mondo e sviluppo una rabbia sovrumana nei confronti dell’intera popolazione mondiale che mi sta costringendo a una simile tortura. M’immagino scene di cortei di donne imbufalite, con me in prima linea, che avanziamo fiere e compatte al grido di “PELOSE E ORGOGLIOSE!”.
Poi arriva il momento della crema idratante, e i pensieri rivoluzionari spariscono per dare spazio al piacere di passare le mani sulle gambe perfettamente lisce.

Comunque. L’altro giorno, come al solito, ero lì, nello studio dell’estetista, piccola, inerme, stesa su quel lettuccio bianco, e mentre una lacrima faceva capolino all’angolo dei miei occhietti mi chiedevo chi minchia me la faccia fare a sopportare della cera calda impietosamente spalmata sull’inguine e poi strappata via con violenza inaudita, un dolore che riesco a paragonare solo alla peggiore delle torture medievali, roba che manco la Santa Inquisizione nei suoi momenti migliori.
Già, chi me la fa fare? Il dermatologo, mi sono detta. Perché il dottore ha decretato che ho una pelle troppo sensibile per il rasoio o per il silk-epil, e dunque finché non mi deciderò a sottopormi a questo benedetto laser che dovrebbe far fuori la peluria una volta per tutte sarò costretta a ricorrere alle gioie della ceretta.

Eppure a ben pensarci il problema è a monte: dove sta scritto che io, in quanto donna, debba sottopormi a questa barbarie? Voglio dire, inorridisco io per prima al pensiero dei ciuffetti di peli che spuntano rigogliosi sotto le ascelle quando non le depili da una settimana, ma chi ha stabilito per primo che l’uomo peloso è macho e la donna pelosa è invece una scimmia priva di sex-appeal? Chi è il disgraziato che per primo ha fatto sì che la nostra società, tra cui me per prima, consideri normale che la donna debba essere glabra e l’uomo nature?

Secondo me è un po’ colpa nostra, di noi donne dico.
Perché abbiamo questa maledetta testolina che lavora da mattina a sera per creare complessi impensabili, e allora per compensare iniziamo a curarci per sembrare il più possibile perfette agli occhi degli altri, nonostante noi stesse continuiamo a vederci come un concentrato ambulante di difetti con un paio di tette messe lì per caso.

Spunta un brufolo? Mettiamo il fondotinta. La sera dobbiamo andare ad una festa? Iniziamo a curarci dalla mattina (del giorno prima). Una cuticola è un tantinello troppo lunga? Via di manicure.

I capelli se sono lunghi devono essere perfettamente piastrati o perfettamente ricci, altrimenti facciamo cagare, se sono corti devono essere splendenti con ciuffo davanti curato in maniera maniacale.
Se abbiamo troppo poco seno via a comprare il push-up, se ne abbiamo troppo non possiamo indossare niente di troppo eccessivo per non sembrare delle pornostar.

E la risposta degli uomini? No, non c’è. Non c’è una risposta maschile a tutto questo.
Loro sono lì a trastullarsi nella loro peluria, mentre la manina destra vola verso gli apparecchi di bassa manovalanza e dà una rimescolatina ai bussolotti là sotto.
Così, non si sa mai che si verifichi un’estrazione fortunata e da quelle mutande esca qualcosa di più interessante di una puzzetta.

Tuttavia questo tipo di uomo, quello meno curato dico, che non si pone dei problemi inesistenti, io lo capisco: se la società gli dice che è bello anche col pelo in vista, perché mai dovrebbe affannarsi a cambiare qualcosa di sé?

Quelli che invece metterei al rogo sono quei vanesi rimbambiti che si sottopongono in un mese a più trattamenti di quelli a cui io, mia mamma e mia sorella tutte insieme non ci sottoponiamo in un anno.

Sarà di nuovo colpa della società che mi ha abituata a pensarla così, ma a me l’uomo cerettato causa la morte istantanea della libido in saecula saeculorum. Se proprio volessi avere a che fare con una pelle morbida e vellutata me la farei con una donna, non credi, pezzo di rimbambito?

E poi, mi domando e dico, perché mai procurarsi volontariamente un dolore atroce se nessuno te lo impone? A questa domanda alcuni di loro rispondono che non sentono poi così tanto dolore. Ma figurati, fanno testamento per un raffreddore e non soffrono per la ceretta? Mi facciano il piacere.

In ogni caso non sono solo i maschietti tamarri ad affermare che la ceretta non è dolorosa: ho illustri esempi in famiglia di donnini che cadono in narcolessia al primo strappo di ceretta perché stando a quel che dicono “è una piacevole sensazione di solletico”.

Per quanto mi riguarda, mi piego ma non mi spezzo: riconosco l’efficacia di sua maestà la Ceretta, ma non arriverò mai a dire che è meno di una tortura.
Personalmente, checché ne possa dire il resto dell’universo femminile, continuo a pensare che un parto plurigemellare senza anestesia mi procurerebbe meno fastidi.

Ui chen du it!

Ui chen du it!

Domando scusa fin dall’inizio per questo post, non ho alcun dubbio che sarà scontato e banale e mi vergogno già da adesso per tutte le ovvietà che ci saranno qua sopra. Volete comunque leggerlo? Mi fate solo felice, ma per favore non dite che non vi ho avvertito.

Anche volendo, sarebbe impossibile non farci caso: oggi è l’8 marzo, la Giornata della Donna, perché è la giornata, mica la festa. E infatti io mi sono già grattugiata abbondantemente l’anima quando mi sono stati messi sotto il muso i volantini delle feste in discoteca con tutti i vari ed eventuali maschioni in perizoma, pieni di olio e steroidi (e al 90% delle probabilità gay, lo dico per le speranzose che vanno in disco per rimorchiare). Ecco, a chi promuove ‘ste feste con gli spogliarellisti torcerei le budella, perché significa svalorizzare ENORMEMENTE il motivo per cui oggi qualche sparuto cavaliere si degnerà di darci uno svogliato augurio buttato là.

Non parlo da femminista, ché se lo fossi qualche anno fa avrei lasciato in tronco un carissimo ex che, piuttosto che mandarmi due parole di SMS con scritto “auguri pirla!” mi mandò quattro pagine di assurdo pippone su quanto per lui “la festa della donna fosse una festività puramente commerciale, ma se proprio ci tenevo gli auguri me li avrebbe fatti lo stesso”. E io me lo sono tenuto. Quindi non sono propriamente una femminuccia isterica, e anzi di femminile, a parte l’intimo e qualche altro dettaglio, ho ben poco.

Poi col tempo ci ho riflettuto, e oggi davanti ad un messaggio del genere mi ribellerei: sì che ci tengo, ma fammeli ‘sti benedetti auguri, che mica perdi la virilità se ti sprechi un attimo!

Ci tengo perché, se è vero che le suffragette ci hanno portato alla parità dei diritti, ancora oggi molto spesso questi diritti li vedo solo sulla carta.
Ci tengo perché finché in Parlamento si parlerà di Quote Rosa significa che siamo ancora una specie protetta, come i Panda del WWF.
Ci tengo perché finché Belen girerà con la farfallina di fuori e sarà pagata per farlo saremo ancora oggetti sessuali.
Ci tengo perché fino a che Silvio Berlusconi potrà chiedere pubblicamente a una donna se lei “viene” senza suscitare scandalo saremo ancora una società sessista.
Ci tengo perché c’è gente a cui ancora fa ridere la battuta che “una chiave che apre tutte le serrature è fantastica, ma una serratura che si fa aprire da tante chiavi non vale nulla”.
Ci tengo perché vivo a contatto con una manica di pirla che si comportano da mestruati come se ne avessero il diritto, ma non sanno minimamente quanto ci devastino gli ormoni in quei giorni lì, e si permettono pure di dirci che siamo “pesanti”.
Ci tengo perché l’augurio di oggi significa anche “ti auguro che tutto vada per il meglio, e che nel tuo futuro non incappi in uno stupratore, in un marito violento, in un ex ossessivo che ti toglierà la vita quando smetterai di essere sua proprietà”.
Ci tengo perché questi auguri li voglio interpretare come un buon auspicio per il mio futuro, in cui si spera che non perderò il lavoro per una gravidanza e che nessun collega potrà mai fregarmi il posto perché è maschio.

Sembra un luogo comune, ma è vero: non solo le donne non sono il sesso debole, ma anzi per fare la donna ci vuole un coraggio bestiale. E quando gli uomini dicono che ce la siamo cercata, che abbiamo voluto la bicicletta e ora dobbiamo pedalare, potrebbero anche farci il grande favore di chiudere il becco: sì, è vero, di lavorare lo hanno scelto le donne, ma per crescere un figlio dove sta scritto che debba servire per forza una donna 24 ore su 24? Già una donna lo partorisce, lo accudisce e sa tutti i suoi cavoli e le sue paturnie, è proprio necessario che debba anche sorbirsi tutti i colloqui con i professori dalla prima elementare al quinto liceo? Ma soprattutto, è mai possibile che la giustificazione del marito debba essere “io devo lavorare”? Siete in due a lavorare tesoro caro, una volta va uno e una volta l’altro. Ed io parlo da figlia di padre “con la sindrome del casalingo”, che seppur oberato di lavoro c’è stato SEMPRE e si è anche sorbito le file dai prof. Solo che perfino il mio fantastico papà è incapace di andare a fare la spesa senza il cellulare a portata di mano per chiedere ogni due per tre delle delucidazioni alla mamma.

Quindi oggi i miei auguri vanno a tutte le splendide donne che conosco.
Auguri a mia mamma, che è la mia eroina e il mio modello, ed è la madre migliore che io conosca e che potessi desiderare, oltre ad essere una donna bellissima, una lavoratrice instancabile e una moglie meravigliosa. A lei va tutta la mia ammirazione per aver dribblato una malattia con estrema disinvoltura, ed aver trovato la sua strada per la felicità facendo la scelta coraggiosa di cambiare lavoro dopo tanti anni.
Auguri alla mia nonna materna, una delle mie amiche più care, che si è tenuta per sé tutta la femminilità che io non avrò mai, e che ha preso la patente a quarant’anni per poter portare in giro i suoi figli, e nonostante il nonno fosse spesso fuori di casa per lavoro ha saputo crescere tre figli meravigliosi, che sono mia mamma, mio zio e mia zia.
Auguri alla mia nonna paterna, che senza mai perdere il sorriso è sempre stata lì, con le sue poche parole, ad aiutare i suoi figli e i suoi nipoti. A lei va il mio ringraziamento per tutte le influenze passate in sua compagnia, per la dedizione che ci ha messo per ricamare a ciascuna di noi nipoti i corredi per quando saremo grandi, per tutte le volte che suo malgrado ha accettato anche ciò che non le andava a genio pur di rendere felici tutti noi.
Auguri alla mia prozia, che ha fatto della sua vita una missione al servizio del prossimo, e che ha cresciuto tre nipoti e cinque pronipoti che le hanno fatto vedere i sorci verdi e l’hanno costretta a ripetere infinite volte la storia di Biancaneve prima di dormire e a giocare a nascondino facendola correre per tutta la casa.
Auguri alle mie quattro zie, lontane e vicine.
Auguri a mia sorella, piccola donna che vedo sbocciare sotto i miei occhi, e che riesce ad avere una determinazione ed una forza di volontà che io non avrò mai. Nonostante i nostri scontri, non posso fare a meno di essere orgogliosa di lei, che è piccola come un bonsai ma forte come una quercia secolare.
Auguri a Zamira, la mia bella Mira, che mi ha vista crescere e che lavora dalla mattina alla sera senza mai e poi mai perdere il sorriso. E soprattutto grazie perché mi sopporta da quando avevo 8 anni con tutte le mie imitazioni e rotture di balle varie, e non riesco a contare tutte le volte in cui mi ha evitato di finire nei casini.
Auguri alle mie professoresse del liceo, che ho visto sorridere per cinque anni nonostante tutte le avversità che il lavoro di professore comporta.
Auguri alla mia coinquilina, Miriam, che ogni giorno si fa il mazzo a svegliarsi all’alba per fare tirocinio in ospedale e poi quando torna a casa deve anche sopportarmi.
E infine auguri alle mie amiche più care, in particolar modo a Reisa, la mia bimba testarda e ostinata, che non si adegua mai alla massa e non scende a compromessi; ad Eugenia, una delle persone più positive ed autoironiche del mondo; ad Estella, che è timida ma straordinaria, ed è l’amica perfetta: auguri a loro che giorno per giorno mi aiutano a superare i grandi e i piccoli ostacoli col sorriso e con la consapevolezza che, qualsiasi cosa accada, ci saranno.

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