Lo so, lo so, mio affezionato e vastissimo gruppo di accaniti lettori, in questi ventiquattro giorni di assenza avrete pianto per intere ore chiedendovi dove fosse finita la vostra blogger preferita. Fortunatamente, eccomi qua a porre fine alle vostre sofferenze con un paio di cazz…. un post nuovo di zecca.
Cretinate a parte, il mio fido MacBook Pro ha bevuto un tazzone di caffellatte e perciò è al momento in terapia intensiva, mentre io posso accedere a Internet solo con quel residuato bellico del mio cellulare, un Nokia ereditato da mia sorella minore la cui batteria dura all’incirca quanto uno sbadiglio. In più, elemento non certo trascurabile, mi trovo nel periodo che qualsiasi universitario al mondo odia con tutto se stesso: la sessione d’esami. I miei capelli hanno perso ogni dignità, le mie giornate si susseguono secondo ritmi ancora più sballati del normale (il che è assurdo), ai sogni si sono sostituiti solo interminabili incubi, mi trascino per casa indossando maglioni sformati e babbucce dall’effetto anticoncezionale assicurato. Quando questo pomeriggio ho dato un’occhiata al cesto delle robe sporche, inoltre, mi ha comunicato la sua imminente decisione di prendere vita e fare il bucato per fatti suoi, sostenendo di non poter più tollerare la mia negligenza.
Dopo tutta questa interminabile premessa sarebbe naturale dedurre che, perlomeno, sto lavorando sodo per avere una preparazione dignitosa e padroneggiare senza alcun problema le materie che sto studiando.
E… nnno. No, più so di dover studiare più le macchie sulla parete diventano interessanti e le sigarette sembrano fonti d’ossigeno e ormai preparo il caffè solo per avere abbastanza energie da poter preparare il caffè successivo. Sono a ridosso dell’esame e non so neanche come ci sono arrivata, e l’ansia cresce ogni minuto di più, ma il blogghi è sacro e deve essere aggiornato almeno una volta ogni tanto. Quindi grazie, piccola Esty, perché oltre a tenermi compagnia questo weekend nel delirio pre-esame mi concedi anche di usare il tuo pc per delirare in allegria.
In questi giorni, per un motivo o per un altro, mi sono spesso ritrovata a pensare all’assurdità dello scorrere del tempo: voglio dire, matematicamente un minuto dura esattamente quanto un altro, ma quando guardo i programmi deliranti di Realtime l’orologio, chissà come, sembra che abbia messo la quinta e corra a tutta birra, se invece devo ripetere la lezione cinque minuti si dilatano fino a sembrare quarantacinque.
E’ una cosa strana il tempo, non trovate? Credo che noi umani ne facciamo veramente un uso sciocco e sconsiderato: siamo assolutamente impazienti quando dobbiamo fare o ricevere qualcosa di piacevole, e di contro abbiamo tutti l’assurda tendenza a procrastinare qualsiasi cosa non ci porti un piacere immediato.
L’altro giorno sono andata a fare la spesa e, uscita dal supermercato, mi sono seduta sulla panchina della fermata tenendo con me le borse. E’ arrivato un signore anziano che non avrebbe avuto posto per sedersi, dal momento che sulla panchina con me e le borse c’era anche una signora, anche lei abbastanza avanti con l’età.
Ho subito lasciato il posto al vecchietto, abbandonando solo le borse a riposare sulla panchina, e lui immediatamente si è illuminato per la cortesia che gli avevo fatto e mi ha presa in simpatia.
“Ma come, signorina, la spesa la porta da sola? E il fidanzato non aiuta?”
“Eh, temo che il fidanzato non esista”
“Come sarebbe a dire, una bella signorina come lei non ha il fidanzato?! Secondo me è perché non si accontenta!”
“E’ quello che sostiene la mia mamma” (ndr.: questo è un complotto, sono convinta che l’abbia ordito mia madre con l’unico scopo di farmi sentire una snob. Una snob cicciona, pure.)
“Eeeh ma la sua mamma ha ragione! Mica può aspettare che arrivi quello perfetto, altissimo, bellissimo, biondissimo, dagli occhi azzurri! Deve anche un po’ guardarsi intorno sa? Ma lei quanti anni ha?”
“Ventuno.”
“Oh, e allora è giovane. Fa bene allora. Abbia pure quanti fidanzati e amici vuole. E poi aspetti, signorina, un altro po’ di tempo, non sia frettolosa a pronunciare il suo ‘per sempre’. Si fa presto a dire per sempre eh? Ma poi la vita è difficile. Aspetti di conoscere quello giusto e di verificare che lo sia davvero. Io amo la stessa donna da cinquant’anni, ho avuto sempre e solo lei. E poi ogni tanto le dico che mi viene voglia di tradirla adesso, con una bella diciottenne o giù di lì, e lei mi consiglia di portar dietro i nipoti per non fare brutta figura.”
Era un fiume in piena, non la finiva più. Parlavamo e ridevamo, e io ho pensato che avesse davvero ragione, più o meno come ogni vecchietto che abbia conosciuto finora. Mi consigliava di avere pazienza, di aspettare, ché a volte la pazienza, che è una virtù meravigliosa, noi umani dimentichiamo davvero cosa sia. Cerchiamo l’amore con così tanta foga che finiamo per accontentarci di un rapporto malato, non abbastanza giusto, forse solo perché non abbiamo avuto la pazienza di ASPETTARE.
E d’altro canto non sappiamo aspettare neanche quando sappiamo di averlo tra le nostre mani l’amore giusto, e appena incontriamo un ostacolo subito mandiamo tutto all’aria. Prendi quel minchione di Orfeo: Proserpina gli dà la possibilità di recuperare sua moglie dagli Inferi con la sola condizione di non guardarla fino alla fine del viaggio e lui che fa?! Si gira a metà percorso! E per non aver portato qualche minuto di pazienza in più spreca la più grande occasione della sua vita. Così, in un secondo.
Quindi ci ho riflettuto, e credo davvero che d’ora in poi mi sforzerò di dare più valore al mio tempo, di non premere per risolvere tutto e subito, ma piuttosto di usare i miei giorni in modo razionale ed equilibrato per fare tutto ciò che è in mio potere: studiare, curarmi, correre, mangiare in modo equilibrato.
Tutto il resto, le amicizie che si incrinano, gli amori che superano corse a ostacoli, i rapporti umani che incontrano gli alti e i bassi com’è giusto che sia… bè, cercherò di avere più pazienza e di agire nel modo che riterrò più giusto perché tutto va bene, e poi aspetterò che il tempo mi dia una soluzione.
La stessa natura, a ben pensarci, impiega ben nove mesi per dare a una mamma la possibilità di mettere al mondo il suo bambino. E d’altronde, guardando il rovescio della medaglia, quei nove mesi non sono un periodo di tempo assolutamente ridicolo per creare un capolavoro così complesso, perfetto in ogni sua funzione?