Alleluja, è risorta! Prima di suonare blasfema, mi spiego: la Pasqua ha portato con sé una buona dose di maltempo, qualche litigiuccio con la genitrice che non guasta mai, e un nuovo pc scelto da Santo Papà, che mi permette di riprendere ad ammorbare gli sparuti lettori del blog con le mie pippe mentali in versione primaverile.
Dunque. Inutile mettermi a parlare di tutto ciò che è avvenuto dall’ultimo post che ho scritto, anche perché non credo interesserebbe a molti e poi, diciamocelo, qualcosa la dovrò pur tenere per me. Ma già vi avviso che per le vacanze di Pasqua sono scesa in aereo e risalita in treno, e in quei pochi giorni in cui la pioggia ha risparmiato i cieli leccesi ho girato a piedi per le vie del centro, il che mi ha permesso di fare quegli incontri tanto belli e tanto umani che a volte mi piace raccontare, e quindi stay tuned, perché qualcosicchia la riporterò sicuramente.
Ora, mentre scrivo, ascolto per la cinquantesima volta in due giorni “The book of love” di Peter Gabriel, scoperta riguardando “Shall we dance” pochi giorni fa e prontamente inserita in ogni playlist possibile e immaginabile. Durante il film la ascoltavo e piangevo a dirotto. Sentivo queste parole stupende e una voce che le accarezzava e continuavo ad emozionarmi e angosciarmi ogni momento di più chiedendomi al tempo stesso il perché, finché non sono giunta ad una conclusione che mi è sembrata la più verosimile: ciò che mi rattristava, in una canzone che ho trovato da subito bellissima, era il fatto di non avere più da un po’ di tempo a questa parte qualcuno a cui pensare mentre ascolto una canzone d’amore. E’ diverso quando sei innamorata, perfino quando non sei ricambiata, anche quando sei stata appena lasciata:senti comunque di avere qualcuno a cui dedicare delle parole d’amore, e per quanto possa essere triste non avere quel qualcuno al tuo fianco ti senti comunque viva perché sai di provare il più umano dei sentimenti.
Però ci ho riflettuto fino in fondo (sì, lo so, sono una paranoia vivente) e pensa che ti ripensa sono orgogliosa di poter essere giunta a questa conclusione perché significa che, almeno su questo versante, sono diventata sincera con me stessa. Non ho cercato a tutti i costi qualche ex del trapassato a cui dedicare quelle parole, non ho mai voluto al mio fianco un tizio X giusto per non dover restare sola, e questo, prima o poi, sono sicura che mi porterà ad essere più forte ed emotivamente più matura.
Noi donnicciuole, ho notato, tra i vari talenti che Madre Natura ci ha gentilmente elargito insieme alla cellulite e alla sindrome premestruale abbiamo anche quello di raccontarci delle balle talmente convincenti da risultare veritiere. E la cosa più assurda è che le raccontiamo a noi stesse, e lo facciamo con tale maestria da finire per credere che le nostre elucubrazioni più assurde siano verità rivelate.
Ad esempio. Siamo a dieta da una vita ma continuiamo, chissà perché, ad avere le maniglie dell’amore. Ma che possiamo farci? E’ colpa del nostro metabolismo, quello stronzo. Il fatto di aver mangiato metà pacchetto di patatine fritte più gusto prima di cena non conta, non conta assolutamente! Ma come, scusa! Abbiamo camminato per ben dieci minuti fino al bar per comprarle, dopo per cena abbiamo mangiato solo verdure grigliate (sì, bè, accompagnandole con la maionese, ma solo uno sbaffo), per merenda solo un thè (sì, dai, con 5 cucchiaini di zucchero ma senza era imbevibile)… e allora questi maniglioni antipanico che cavolo ci fanno ancora qui sui nostri fianchi?!
O ancora. Abbiamo un seno che non è a coppa di champagne, è proprio a bicchiere da shottino. Poi arriva il ciclo e diventa un bicchiere da shottino stracolmo. Ma in quei 4 giorni di gloria Pamela Anderson ce fa ‘na pippa, ovvio!
Un’Elisa selvatica intenta a filosofeggiare sbronzandosi tra le fresche frasche
E che dire di Braccobaldo? Ha mille strafighe intorno ma lui vuole solo noi, e il fatto che una volta ogni due settimane inizi a tartassarci di messaggi dolci ne è la prova provata. Anche perché ogni volta che ci incontriamo lui ha proprio la voglia di combinare qualsiasi cosa con noi, e poi ci dice tante cose dolcissime mentre tenta di strapparci le mutande, e poi ha detto che i nostri occhi sono proprio belli. Il fatto che questo suo prenderci e mollarci vada avanti ormai da quasi un anno non conta, ma che scherziamo?! Lui è solo indeciso, ma è questione di tempo prima che ci chieda di sposarci e avere cinque figli. E poi le cose si stanno facendo più serie, è logico. L’abbiamo capito dal fatto che quando l’altro tizio per strada ci ha guardate con la coda dell’occhio, lui subito ha sternutito dalla gelosia. Il fatto che sia allergico al polline e che abbia sternutito per i tre quarti del tempo non è importante, perché quello era sicuramente uno sternuto di gelosia.
E così via discorrendo. Non siamo noi ad aver studiato poco, è sicuramente il professore lo stronzo. Divorare quintali di cioccolato non è una cosa grave, è la nostra pelle che è grassa. L’esimia amica Pincopallina non ci chiama solo nel momento del bisogno, è solo straimpegnata e talvolta ci fa il grande onore di dividere i suoi gravosi impegni con noi.
Ma che senso ha tutto questo lavoro mentale a cui ci sottoponiamo? Siamo sempre lì a pensare come migliorare la nostra vita e nel frattempo la vita scorre mentre siamo impegnate a fare altri piani (semicit. da John Lennon, grazie tante Johnny!).
Inizio a pensare che ciò che ci distingue dai ragazzi non siano tanto gli attributi sessuali primari o secondari (ho visto certe ragazze molto più barbute del maschio italiano medio), quanto piuttosto la forza generatrice di elucubrazioni mentali. Smettiamola, davvero.
Cerchiamo di ricordarci che il cioccolatino mangiato di nascosto ha le stesse calorie di quello mangiato in compagnia, che le pagine di libro non si studiano da sole, che le amiche stronze sono semplicemente ciò che appaiono, che il maschio che ci prende e ci lascia ci sta considerando né più e né meno come un pallone con cui palleggiare e divertirsi, che non è assolutamente timido o combattuto, è solo una grandissima testa di cocomero.
A queste geniali conclusioni ci sono arrivata anche grazie all’aiuto di un’amica speciale che passa spesso di qua e quindi vorrei salutare (ciao, cuore). Lei, ad esempio, è una di quelle belle scoperte che ogni tanto si fanno nella vita, una di quelle amiche su cui non devi stare lì a raccontarti balle perché il loro affetto te lo dimostrano con i fatti. Persone rare, forse in via d’estinzione, ma tuttora esistenti, ne ho la prova!
Il mio compito per questa primavera sarà di seguire il suo consiglio e raccontarmi meno balle. Sbagliare, magari, ma farlo nella consapevolezza di star facendo una cazzata, senza convincermi che il mondo sia ingiusto e che l’unica povera vittima designata sia io. Con la speranza di tornare a scrivere il più presto possibile, sincerissimi saluti a tutti. Vi terrò aggiornati sull’eventuale raggiungimento del mio nuovo progetto, e, lo prometto, non mi stupirò se perseguendo la strada della sincerità con me stessa dovessero improvvisamente spuntarmi un paio di balle pelose.